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Uno dei sogni ricorrenti quando mi addormento tranquilla e dimentica delle incombenze giornaliere, riguarda il mio mondo bambino.

 

A scuola ero sempre brava, sempre una delle prime della classe e studiavo con passione, per il desiderio di imparare. Aspettavo come ogni anno e da sempre il premio che desideravo… le vacanze estive.

 

I miei genitori conducevano un’attività artigianale e quindi i giorni di vacanza erano sempre troppo pochi, ma dovevo accontentarmi, la legatoria di libri non concedeva riposo.

 

Partivamo sorridenti ed io spensierata non facevo di certo caso a quanto stavo stretta nella nostra piccola Cinquecento stipata di tutto, compresa la gabbia dei pappagallini.

 

Incurante di tutto afferravo la mia chitarra e non so come, ma riuscivo a trovare lo spazio necessario per suonarla e cantare le canzoni folk che tanto amavo. Eravamo proprio una bella famiglia, riuscivamo a trovare la felicità anche nelle piccole cose. Quante volte siamo finiti a cantare tutti e tre insieme!

 

Appena arrivati a destinazione, scaricavamo la macchina e per me iniziava la gioia che avevo atteso per tutto l’anno. Ero una bambina decisamente felice, circondata da amore e sorrisi e lì tra la maestosità di quelle montagne il mio cuore diventava ancora più allegro, leggero.

 

Osservavo i tramonti e le aurore accesi dal sole nascente e dallo stendersi di un cielo pulsante di stelle.

 

Con il trascorrere del tempo ho tentato più volte di dimenticare quel che provavo come se avvertissi il presentimento che un giorno o l’altro sarebbe tutto sfumato nel nulla. Non ci sono mai riuscita, anzi, ora che la mia vita non va come avrei voluto, ora che ho maturato la consapevolezza che è molto meglio non sognare, non sperare per evitare di soffrire, mi aggrappo involontariamente a quell’ombra di ricordi.

 

Quel profumo al mattino, del latte appena munto, saliva alle mie narici mentre il mondo si svegliava. Il gallo cantava, gli uccellini cinguettavano e il mio cuore gioiva. Il sorriso di mamma e papà mi accoglieva sempre e sempre mi sorprendeva facendomi sentire amata.

 

I giorni di vacanza erano sempre troppo pochi perché amavo tutto quel verde che mi circondava. Mi affacciavo alla porta di casa di primo mattino e fissavo lo sguardo oltre gli alberi, fin sulle nuvole.

 

Quella casa, sempre quella con i gradini di pietra è ancora uno dei miei ricordi più belli e so che mai la dimenticherò anche se ora non è più mia…

 

Mi sembra di sentire ancora il profumo di quelle merende semplici che mia nonna e mia madre preparavano. Il pane era appena sfornato da mia nonna che aveva fatto la fornaia per quattordici anni. Mamma ci spalmava burro e zucchero ed il risultato era un sapore sublime.

 

Purtroppo, come nelle favole, non c’è sempre un lieto fine ed io non sono riuscita a mantenere la promessa mille volte pronunciata a mia nonna… questa casa, dicevo, un giorno la comprerò, sarà mia.

 

Per suggellare la nostra promessa io e nonna piantammo un rametto di edera ai piedi del tronco di un grande albero. Ridevano tutti di noi. Povere illuse dicevano… pensano che quella piantina attecchisca! A dispetto di tutti invece, l’edera iniziò ad arrampicarsi pian piano a quel tronco e con gli anni è diventata come un mantello che avvolge anche gli alberi vicini.

 

Non dovrei dire “è diventata” perché non la vedo da molti anni, da quando abbandonai per sempre quel luogo che chiamavo il luogo del cuore. A causa della malattia di mia madre che purtroppo tre anni dopo se ne andò per sempre, non sono tornata più in quella vecchia casa che amavo tanto.

 

E’ un piccolo episodio lo so, ma quel tralcio d’edera l’ho incatenato anche al mio cuore anche se purtroppo so che mai più lo rivedrò.

 

 

©Daniela Costantini

14 marzo 2024

 

 

 

 


 

 



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