E poi ti abitui, ma non ti abitui

 

 

Sei giovane, libera e spensierata e poi tutta questa meravigliosa libertà ti fa innamorare e credi di essere l’unica al mondo, la più felice.

Ti abitui alla tua nuova realtà, alla gestione di una casa e poi con il tempo magari anche a un bimbo, forse due o anche tre.

Ti abitui pian piano a gestire questa nuova forma di libertà ridotta; il tempo per te stessa non è più quello di una volta e quel principe azzurro che avevi sposato anni prima, si sbiadisce di colore. Da azzurro diventa un celeste pallido, disattento alle tue richieste di aiuto e alla tua sete di libertà che sarebbe soddisfatta forse solo con qualche passeggiata e con una serata romantica. Preferisce il divano, la televisione e perché no… un pisolino ristoratore.

Ti abitui anche a questo.

Non c’è mai abbastanza tempo, non ci sono abbastanza soldi da usare in frivolezze. Il mutuo o l’affitto, le bollette, l’assicurazione per l’auto e le spese per la famiglia che è diventata più numerosa.

Ti abitui.

Il tempo passa, arrivano preoccupazioni più grandi. I figli ti piombano in casa all’improvviso con un gruppo di amici e allora tu, stanca morta e magari appena rientrata dal lavoro, smetti di organizzare la cena per preparare bibite e panini per i figli ed i loro amici… ma poi ti abitui.

Gli anni volano, gli acciacchi fisici si affacciano , i figli sempre sempre più grandi ed esigenti diventano un pensiero fisso; l’andamento del  loro profitto a scuola, la prima cotta, la prima uscita di sera, magari in macchina con gli altri… e qui inizi a non volerti abituare più.

Guardi l’orologio e ti dici che rincaseranno presto e poi vai al letto e continui a guardare la sveglia, sempre più in ansia. Non ti stai abituando. No.

Guardi tuo marito che dorme tranquillamente mentre tu hai una leggera tachicardia e la sudarella. Insonne e agitata aspetti… aspetti quel rumore di chiavi che apre la porta e all’improvviso ti calmi. Ti stai abituando al cambiamento. Un cambiamento difficile che ti fa formulare una domanda nella mente… ma la mia libertà e tranquillità… dov’è?

Ti addormenti esausta e al mattino ricordi soltanto il tuo sonno agitato e le troppe domande che ti affollano la mente.

Ti abitui. Ti abitui anche a questo.

Una vocina dentro di te però si fa sempre più insistente e ti rendi conto che vivi ormai nello spazio angusto fatto di preoccupazioni e desideri repressi.

Cerchi di ricordare, cerchi di dimenticare, non sai più cosa fare e cosa ti ha reso come ti senti adesso.

Non riesci più ad abituarti.

Sei ormai adulta, una donna matura ed i figli sono cresciuti; probabilmente sono già andati via da casa per formarsi la loro indipendenza. Cerchi d abituarti, ma non ci riuscirai più, qualcosa è cambiato dentro di te, qualcosa si è incrinato in maniera irreversibile.

A volte, se sei già diventata nonna, proietti tutti i tuoi sogni mai realizzati sui nipotini; li vedi belli, perfetti, intelligenti. Ti vogliono bene e ti abitui felicemente a questo nuovo cambiamento.

Cresceranno anche loro ti dici, ti racconti mille belle favole sul loro futuro;  sai che anche tu fai parte di quella nuova felicità, sai che hai contribuito a farli diventare grandi aiutando i loro genitori offrendo il tuo lavoro silenzioso e costante. Ti sforzi di essere invisibile, di non far notare quanto stai offrendo di te stessa. Le tue forze non sono più quelle di una volta, ma tu arranchi, ti sfinisci per offrire anche a loro tanto amore.

Ed ora dimmi, quante volte ti affacci alla finestra e guardi il cielo infinito di fronte a te ricordando?

Ti sei abituata a tutto, hai costruito il tuo mondo di convinzioni e di successi pian piano accumulati. Cerchi di non pensare alle delusioni che hai subito, non vuoi. Non vuoi e non puoi perché hai scelto di abituarti. Una promessa fatta a te stessa e che va mantenuta.

Da quella finestra continui a guardare le stelle e decidi che è ora di andare a dormire. Il tempo scorre, la vita continua e tu ripensi a quella giovane ragazza libera, spensierata e sognante che in un giorno lontano si era innamorata. Spegni la luce e accendi i tuoi sogni. Buonanotte…

 

©Daniela Costantini

 

 

 

 

LA TRASFORMAZIONE

 

 

È sera, sto preparandomi per la notte, sperando di riuscire a dormire. Non apro come di solito il mio libro, non mi va, voglio pensare a me stessa, fare una sorta di punto della situazione.

Non sono soddisfatta di me stessa, lo ammetto, anche se a malincuore. Ho provato molte volte a pensarmi bloccandomi quasi subito per paura di scoprire che le mie verità, le mie convinzioni mi avrebbero portato a decidere che l’ora di cambiare modo di vivere era arrivato.

Ho dato troppa importanza a chi non la meritava, ho riposto fiducia in persone amiche che poi sono arrivate addirittura a truffarmi infliggendomi gravi danni economici, ho sbagliato ad accettare le realtà altrui non pensando minimamente a me, a quanta anima si stava logorando pian piano.

Ora che sono costretta a un periodo di forzato riposo, voglio pensare a me, a quanti errori ho commesso, a quante cose ho rinunciato per dare un apparente aspetto di normalità alla mia esistenza.

Basta con i sorrisi forzati nascosti dietro la voglia pazza di urlare, basta chinare la testa per soddisfare i comodi altrui. Ho fatto finta di non esistere, un grave errore, gravissimo e imperdonabile. Farò di tutto per ricucire me stessa. Per adesso sono come quei pupazzi di pelouche appena tirati fuori dalla lavatrice e che dopo tanti lavaggi si ritrovano con il capo e gli arti spezzettati come burattini senza fili.

Due anni fa moriva mio padre, mia madre lo aveva preceduto da otto anni. La mia penna si bloccò, tutta la mia creatività scomparve di botto e gli ultimi versi che scrissi sono incisi sulla lapide di mio padre. Poi il nulla, il vuoto, il dolore dell’assenza, il sapere che non avevo più nessuno a cui poter chiedere un aiuto o un consiglio. Una figlia unica come lo sono stata io è una crudeltà della vita.

Avevo passato la mia vita fino ad allora con un’abnegazione totale che mi portò a dimenticarmi di me stessa, tutto il mio tempo lo avevo dedicato al tentativo di combattere la malattia dei miei genitori. Rimasta sola iniziò un lento declino sia mentale che fisico. Un anno e mezzo di buio completo, un anno e mezzo in cui la mia propensione alla scrittura, ai componimenti, ai versi, restavano come crisalidi nella mia mente.

Proprio in periodi come questo, così bui, si cerca l’appoggio di qualche amico fidato capace di sollevarti un po’, restituendoti la forza di reagire che in passato avevi dato anche a lui. Andò male anche questo… Approfittando della mia sopraggiunta fragilità fu un gioco da ragazzi farmi sborsare moltissimo denaro per sistemare le pratiche post-morte di mio padre.

Non avevo dato peso ai suoi strani movimenti, non pensavo minimamente a ciò che poi è successo. Io continuavo a dare il meglio di me stessa, fiduciosa, come se volessi riscattare le mie ferite.

Iniziai anche con la beneficienza, assistendo uno straniero solo in Italia, un vicino di casa sottoposto a intervento chirurgico. Ero la sua unica salvezza e mi dedicai al suo recupero fisico funzionale e mentale per le sofferenze subite. D’altro canto lo conoscevo da anni e pensai che potevo fidarmi.

Era meglio se mi fossi data una zappa sui piedi. Il personaggio così mite si rivelò non solo falso, ma anche ladro. Scappò nel suo paese e mi resi conto troppo tardi che avevo subito un altro rapimento della mia bontà insieme al furto di beni materiali. Invocai anche questa volta la giustizia divina. In fin dei conti un musulmano non ruba mi ripetevo, il suo dio lo avrebbe punito con la morte. Anche questo si è dimostrato falso. E’ vivo e vegeto, quiindi anche la sua religione è tutta una messa in scena. Continuo ancora adesso a chiedermi dopo sette mesi come faceva a pregare ben cinque volte al giorno e a rubare contemporaneamente. Non credo più a nulla ora, non concedo spazi alla misericordia e al perdono.

Fare del bene iniziò a significare per me un vero spauracchio e dentro di me erano rimaste ormai solo briciole di quella che era un’anima integra e generosa.

La presa di coscienza diventò un’amara sconfitta, ma anche questa volta giustificai me stessa perché avevo agito in buona fede. C’era sempre una giustizia divina pensai… non andò così… ed iniziò anche a vacillare la mia fede.

I cambiamenti comunque presero posto dentro di me iniziando a farmi sentirmi diversa, a provare una forte ribellione verso il mio lato sempre generoso e altruista.

Sono cambiata. Oserei dire che sono diventata spietata, ma la mia creatività è tornata per fortuna con tanta voglia di fare e creare.

Sono riuscita praticamente a trasformare le mie rovine interiori in una base per rinascere, un po’ come l’araba fenice.

 

©Daniela Costantini

LUGLIO 2022

 

 

 

 

Indice Poesie

 

Home

 

 

 

Grafica Nostalgiaetenerezza